martedì 3 febbraio 2009

Tango, ergo sum

Se dovessi spiegare il tango ad una persona totalmente estranea a questo tipo di musica/ballo/cultura, comincerei con la visione di un video:




si tratta di un tango ballato da Juan Carlos Copes e Lorena Yacono all’interno del film di Carlos Saura Tango.

La musica è quella di uno tra i più grandi compositori e direttori d’orchestra di tango della storia del genere: Osvaldo Pugliese (1905-1995). Il brano è Recuerdo, molto famoso tra i milongheros o tangheros di impianto “tradizionale” o sia, amatori di quel genere di tango definito Tango Salón.

Qui verrebbe la tentazione di aprire una parentesi vastissima e parlare dell’ origine del tango o delle principali orchestre dell’Epoca d’oro (tra gli anni ’30 e ’50) o dei diversi stili di ballo e la loro evoluzione (fino al Tango Nuevo) ma risulterebbe una trattazione eccessivamente lunga ed inutile allo scopo che si prefigge questo articolo, ovvero far cogliere un frammento di essenza del tango come danza di coppia, cercando per quanto possibile di comunicarne il senso profondo, la radice del suo fascino.

Osserviamo questa coppia che balla. I loro passi, per gran parte del ballo, sono relativamente semplici, quello che conta è la sensazione di dialogo che traspare dai loro movimenti, dal gioco che nasce all’interno del loro “abbraccio”. La macchina da presa non si focalizza eccessivamente sui piedi, ma si sofferma molto di più sugli sguardi. Sguardi non eccessivamente diretti, non sguardi di occhi, ma fluido che emana dall’interno, sufficiente a tenere quella tensione necessara per stabilire un contatto profondo. Sguardi che solo in un momento fugace e ambiguo, quasi ironico, sono rivolti all’esterno, per tutta la durata del ballo invece abbiamo la percezione netta di una nuvola, una cappa di cristallo che avvolge la coppia, all’interno della quale si sprigiona un’energia, veicolata dalla musica, che forma il canale di quel dialogo senza parole.

Imparare a comunicare questa energia con il corpo significa sapere “parlare la lingua del tango” .

Tecnicamente, io partirei da questa emozione e cercherei di trasformarla semplicemente in una “camminata elegante” mentre “si respira insieme”. Al di fuori di questa eleganza, di questo respiro, non c’è Tango, non ci sono passi o figure che tengano.

Osserviamo anche l’orchestra mentre suona, anch’essa fa parte del gioco. E’ complice nell’aver creato la giusta atmosfera per l’incontro. E’ essa stessa un personaggio. E’ il paraninfo, il connivente. Gli spettatori, i testimoni muti di un incantesimo.

Il ritmo suggerito dalle modalità delle riprese e dalla musica è quello di una totale assenza di fretta. Quasi un voler far durare il più possibile, dilatandolo, il tempo naturale di una breve conversazione.
Una delle ultime inquadrature sul gioco delle gambe, nella parte più veloce del pezzo, ci fa capire meglio come il movimento non sia altro che la coda dell’onda di una vibrazione che parte da altrove.

Se il mio linguaggio è risultato fumoso o incomprensibile a qualcuno, cercherò allora di spiegare il tango da un altro punto di vista.
Per coloro che non lo sapessero, è essenziale dire che il tango si improvvisa.
L’uomo (o chi per lui, il conductor) segnala alla dama (o partner o seguidor/a) una sua intenzione di movimento (marca). La donna “sente” (nel proprio tranining le verrà insegnato ad “ascoltare” e ad “aspettare”) e asseconda, accetta, in altre parole segue, e nel frattempo abbellisce, gioca tra un passo e un altro, tra una pausa e un’altra.
Alla base di tutto c’è un patto, è quello - da parte della donna - di lasciarsi guidare, di fidarsi, di “affidarsi”; e - da parte dell’uomo - di procedere con rispetto, sondando con discrezione le “caratteristiche” di quella ballerina, prima di proporre discorsi complicati.

Nelle serate di tango (milonghe), la musica di solito è proposta per gruppi di brani (tandas) affini tra di loro. In genere una coppia balla una tanda (tre o quattro brani) di seguito. Si consiglia che in una nuova coppia il cavaliere cerchi di capire con che tipo di donna stia ballando, durante il primo brano, poi magari nel secondo può tentare di sondare fin dove può spingersi, e durante gli ultimi balli, finalmente ballerà.

Fui molto colpita da una frase del maestro Carlos Rivarola durante uno stage a Cagliari: non c’è tango senza rispetto. E alla fine della lezione ci salutò dicendo: grazie per il rispetto.

Molte definizioni efficaci sono state date sul tango:

un pensiero triste che si balla
ciò che avviene tra un passo e l’altro
una storia della durata di tre minuti

Probabilmente ogni amatore di tango darebbe la sua propria personale definizione.

Ma perché il Tango, a differenza di tanti altri balli di coppia, provoca tanto coinvolgimento da arrivare a forme di dipendenza e suscita tanto dibattito fino alla creazione di autentiche “scuole di pensiero”, quando non addirittura “fazioni”, per la promozione di questo o quel genere o stile?

Beh, considerate le premesse, come può non coinvolgere una danza dove una persona si deve mettere così in gioco ed essere praticamente “senza pelle”? Mentre si balla si rivela il nostro essere più intimo, e questo può creare non pochi problemi. Nel tango spesso ci si difende, fino anche a rifiutarne alcune caratteristiche.

Per quanto riguarda invece il prendere posizioni a favore di questo o quello “stile”, molto dipende da come ci si è avvicinati al tango e dal grado di conoscenza che si ha di tutte le componenti che formano questo universo culturale.

Il tango sta arrivando a noi sotto forma di superficiali stereotipi, ma di questo ho già discusso in un altro blog.