martedì 14 ottobre 2008

Scrivo poco...

E’ vero, scrivo pochi post…
Ma è importante quanti?
In realtà per ogni articolo, argomento, pensiero più o meno complesso che voglio esprimere ho necessità di tanta riflessione interna, e il fatto di cercare di organizzare quelle idee che ho “urgenza” di fissare (per sempre?) in modo semplice ma efficace mi richiede una continua rielaborazione (sono fatta così!) , possibile solo in momenti di vera quiete (alla Wordsworth) sempre più rari.
Il mio concetto di blog non è quello del diario di bordo, ma piuttosto quella dello “scaffale” dove riponi dei pezzi di bricolage, che hai sempre sul tavolo, e ritocchi, levighi, perfezioni, più per avere qualcosa su cui “meditare facendo” ( magari pensando a un destinatario particolare, per poterlo regalare, un giorno, quando sarà finito) che per altri scopi. E come spesso capita, quando qualcuno viene a farti visita, curiosamente butta l’occhio su quei tanti/pochi oggetti, che aggiungono una nota di colore alla tua casa, e sollecitano qualche curiosità, qualche domanda.
Non sono comunque rimasta con le mani in mano questi ultimi mesi, e qualcosa l’ho anche terminata:







Spero che la mia eccessiva assenza sia stata perdonata.

Il mio prossimo pensiero articolato sarà dedicato al Tango, che, come si deduce dal profilo, fa parte delle mie passioni.

Hasta luego entonces.

mercoledì 4 giugno 2008

Arrivano i mostri!


Durante l’ultimo periodo dell’anno scolastico gli insegnanti hanno gli incubi, non parlo in senso metaforico, proprio la notte.
E’ un ossessionante turbinio di facce distorte, sguardi alla D’Eusanio, e frasi frasi frasi, bisbigliate, urlate, passate sottobanco o dette in faccia. Ogni frase una frustata, uno sputo, un morso di cobra.

Immaginatevi mille occhi addosso:

Parlo a nome di tutta la classe;
nessuno capisce niente durante la sua lezione;
non gliel’abbiamo detto prima perché tanto era inutile;
non ho portato il quaderno perché l’ho dimenticato a casa di mia nonna;
ho perso il quaderno, non riesco a trovarlo, peccato perché ieri ho fatto tutti i compiti;
la nota l’ha firmata mia madre! E’ diversa da quella del cartellino perché mamma non firma mai uguale!;
uff! che fastidio le dà la borsa sopra il banco?;
uff! perché devo togliermi il cappello?;
uff! perché devo togliermi gli occhiali da sole?;
uff! perché devo togliere i piedi da sopra il banco?;
questo è un lager!;
posso andare in bagno?;
posso andare a parlare col prof?;
posso andare a consegnare un modulo;?
posso andare per le classi ad organizzare la partita di calcetto?;
posso andare a prendere un tè? Non sto bene…;
guardi che la responsabilità è sua se mi sento male;
ora chiamo mia madre con il cellulare;
non ho potuto comprare il libro perché non ho i soldi;
è vero, ho il cellulare anzi due cellulari, casomai uno venga sequestrato, però me l’ha regalato mio zio);
io ho il diritto di mangiare quando ho fame, quindi posso consumare le patatine durante l’orario di lezione, perché non ho fatto colazione, se svengo è colpa sua;
questo non può chiedermelo perché non c’è nel libro;
io non sono obbligato a prendere appunti;
ieri lo sapevo;
questa domanda non me la può fare perché sta nel primo paragrafo, e io porto solo il 2° e 3°;
ci deve dire “esattamente” che cosa ci darà al prossimo compito;
questo non me l’ha spiegato perché io ero assente;
un aiutino, professore’;
ma io ho studiato, ne deve tenere conto;
se lo sapevo non facevo tutta la fatica l’ultima settimana;
non sono mica un genio che devo avere tutto sei!;
tanto la scuola non serve a niente;
tanto chi passano sono solo gli “incozzati”;
tanto lei va a simpatie;
tanto non serve essere bravi per avere un posto di lavoro, servono gli incozzi;
io voglio fare l’odontoiatria, tanto mio padre mi lascia lo studio, e quindi studierò solo all’università;
tanto lei ha già deciso che sono bocciato;
mi può interrogare l’ultimo giorno?

Ma niente è comunque più terrificante dei genitori:

Parlo a nome di tutti i genitori;
con il professore dell’anno scorso mio figlio aveva otto;
il professore odia mio figlio;
l’ha interrogato il cugino che è stato in America ed è andato bene, poi l’ha interrogato il professore e naturalmente gli ha dato cinque;
l’ha bocciato con cinque!;
professore, come mai con lei vanno tutti male?;
secondo me lei dovrebbe fare più grammatica;
secondo me lei dovrebbe fare più conversazione;
secondo me lei dovrebbe dare un programmino ad ogni studente a seconda delle carenze;
secondo me lei dovrebbe interrogare solo le cose che lo studente sa bene;
in Shakespeare ha già la sufficienza, quindi altre domande non gliene può fare;
lei inibisce gli studenti, fa troppe domande dirette e vuole una risposta precisa;
non è mio figlio che non parla bene l’inglese, è lei che non vuole sforzarsi di capire;
lei non mi piace;
le lo fa apposta;
mio figlio le è antipatico;
lei lo vuole bocciare a tutti i costi;
va be’, tanto il coltello dalla parte del manico ce l’avete sempre voi…;
i docenti sono tutti ignoranti;
hanno un sacco di vacanze;
non sanno motivare;
sono degli sfigati;
sono dei frustrati;
se fossero stati persone intelligenti non sarebbero finiti a fare gli insegnanti;
se la maggior parte degli studenti di una classe va male, la colpa non può essere che dei professori;
gli studenti che vanno bene, erano già bravi;

mio figlio non fa altro che studiare, rimane chiuso in camera tutta la sera;
la sua materia è la preferita, ascolta canzoni in inglese continuamente;
ha la sua televisione privata in camera;
ah, c’è un registro elettronico per controllare le assenze? Non lo sapevo - e comunque io non ci capisco niente di Internet, lui sì, è sempre collegato…;
non siamo obbligati ad avere Internet per fare i compiti;
…e lo promuova, cosa le costa?;
io voglio sapere “esattamente” cosa deve studiare mio figlio;
ma cosa dice, ce la farà?;
mi deve assicurare se ce la farà o no. Vale la pena che si metta a studiare gli ultimi giorni? Ce la può fare?, Ah? Ce la può fare?;
gli abbiamo tolto il cellulare per ben due giorni ma non ha studiato lo stesso, quindi gliel’abbiamo restituito, perché tanto era inutile;
vuole a tutti i costi il cellulare nuovo, ma noi saremo irremovibili! Al limite se si impegna quest’ultima settimana…;
gli abbiamo comprato un cellulare nuovo per consolarlo dalla bocciatura;




Ma tutto questo non sarebbe potuto succedere senza l’amorevole aiuto dei colleghi:

Lo studente non è un numero;
i professori di matematica non sanno niente di didattica;
non imbrigliamoci con le griglie di valutazione;
il voto minimo è due, non zero;
lo studente va saputo motivare;
bocciare uno studente è come commettere un omicidio;
fatevi l’esame di coscienza, colleghi! Avete fatto fino in fondo il vostro dovere?;
vi ricordate quanto eravamo somari noi alla loro età?;
ma perché presentate i ragazzi col cinque? O gli date quattro o gli date sei!;
ma questo quattro è un vero quattro? Non è che è quasi cinque…
dietro quel ragazzo ci potrebbe essere un genio e noi lo stiamo bocciando;
è vero, non sa niente, ma è il più intelligente, se bocciamo lui bocciamo tutti;
se bocciamo dichiariamo il nostro fallimento;
se bocciamo perdiamo posti di lavoro;
non si può bocciare un ragazzo in prima, ancora deve ambientarsi;
che senso ha bocciare in seconda? Dategli una possibilità, al limite lo fermano al triennio – vi ricordo che siamo ancora nella scuola dell’obbligo;
siamo in terza, ci sono tante materie nuove, il ragazzo ha sofferto un trauma nel passaggio dal biennio, dobbiamo incoraggiarlo, non troncargli le gambe;
è iscritto per la terza volta? Allora non possiamo bocciarlo, perde tutto!
E se si suicida? Voi ve la sentite di assumervi la responsabilità?;
e dopo che l’abbiamo mandato in quarta lo fermiamo? Ci dovevamo pensare prima;
ormai è in quinta, se lo bocciamo ci rovina la quarta, ma chi l’ha fatto arrivare in quinta? abbiamo sbagliato, ormai lo passiamo, ma dall’anno prossimo saremo più severi;
ma vi illudete di salvare il mondo bocciando un ragazzo?;
fa il bullo perché è un insicuro;
è facile insegnare ai bravi, il difficile è insegnare ai somari!;
non dimentichiamoci che siamo degli educatori;
non ci cambia la vita sapere un autore in più o in meno;
e se uno non è portato per la matematica deve rinunciare a frequentare la scuola?;
meglio tenere i ragazzi a scuola che mandarli sulla strada;
i test valutano solo nozionismo;
l’insegnamento è una missione;
sono ragazzi…
ragazzi sono!
Ma lo volete capire o no che sono ragazzi!

lunedì 28 aprile 2008

Sa Die de sa Sardigna

Sa Die de sa Sardigna de occannu est dedicada a sa limba sarda, e pro onorare custa ricurrentzia (e sa limba mea) bos cherjo contare unu contu, chi mi contabat semper mama cando fipo minore.

Su contu ‘e su prade e sa perra ‘e fava.

B’aiat unu prade chi aiat una perra ‘e fava. Antis de falare a bidda a pedire sa limùsina, si firmat a curtzu a una domo in-d-ube bi fit unu puddarju, e lassat sa perra ‘e fava in supra ‘e una preda. Bi colat una pudda e si-che la màndicat.
Custa non fit cosa! “O sa fava o sa pudda, o sa pudda o sa fava!” Li nât su prade a sa mere ‘e domo, tottu irfadau. E issa, poveritta, li toccat de li dare sa pudda. Su prade si la ponet in-d-unu saccu e si-ch’andat.

Sichit falande in s’istradone mannu e a pustis de pacu accudit a unu porchile. Lassat andare sa pudda a biccare unu pacu in ziru, e tott’in-d-unu crompet unu porcu… e si-che pappat sa pudda, biccu e tottu. “Nosse, nosse!” Fachet su prade, lamentàndesi chin su porcarju: “O sa pudda o su porcu, o su porcu o sa pudda!” …e si che piccat su porcu.

Colat luego a unu cubile, chin su porcu a traìla, e lu prendet a curtzu ‘e una bratza, in-d-ube s’est abbeverande unu caddu. Si muscat su caddu, li dat càrchide a su porcu, e mortu l’at!
Su prade, inchietu: “O su porcu o su caddu, o su caddu o su porcu!” E a dolu mannu ‘e su pastore, si che piccat su caddu.

Alligru che còzzula, su prade torrat a piccare s’istradone mannu e rucrat in-d-una tanca, chin su caddu tottu sudorau pro su caminu e sa calura. Su prade biet a una pitzinna e li pedit: “Si andas a abbeverare su caddu ti do duos sisinos.” Issa piccat su caddu pro lu jùchere a unu tròlliu a s’àtter’ala ‘e sa tanca. Su caddu est nervosu e sa pitzinna no est meda abbista, duncas sa bèstia dat un’iscutzinada e si-che fughit. Sa pitzinna torrat pranghende a ub’est su prade, ma issu non cheret intèndere resone: “o su caddu o sa pitzinna, o sa pitzinna o su caddu”. Su babbu e sa mama sunt disisperaos, e li cheren fintzas pacare su dannu, ma su prade est malu a cumbìnchere. Non b’at remediu. Fachet pònnere sa pitzinna in intro ‘e unu saccu, si la gàrrigat a pala, e cuntentu mannu che falat a bidda.

Una borta arribbau a fùrriu, toccheddat a una janna e l’aperit una tzia.
“A mi la dazes sa limùsina?”
“Colae, colae,” fachet sa tzia “a bos cùmbido?”
“Eh, una tassichedda ‘e binu ja mi la bibo.” Rispondet su prade.
“E ite tenies in cussu saccu?” Pedit sa tzia, ca bidiat chi carchi cosa si fit moghende e li pariat fintzas de intèndere comente ‘e unu lamentu.
“Nudda…unu porcheddu chi m’an dau, pro che lu jùchere a cumbentu.”
Ma sa tzia est suspettosa, e tando li nât a su prade: “a ite non bos rifriscaes prima de che torrare a cumbentu? Colae, b’at una bratzichedda inoche in palas… Lassae su saccu in cue, ja non bollu toccat nemmos.”
E su prade si lassat cumbìnchere, ca fit abberu meda istraccu e disizzabat de si pasare.

Tando sa tzia compudat su saccu, e b’atzapat sa pitzinna, presa che porcheddu, chin-d-unu muccadore ligau in bucca, chi in pessu podiat piliare.
Sa pitzinna li contat tottu e tando sa tzia detzidit de lia fàcher’ pacare a cussu rimittanu ‘e prade.
Che ponet in intro de su saccu unu cane arrajolau, tottu presu issu puru che sartitza, e che mandat in presse sa pitzinna a domo sua.

Torrat su prade e biet chi su saccu s’est moghende un’azzicu troppu, e timende chi lu dian iscupèrrere, detzidet de si che torrare derettu a cumbentu.
Piccat un’àteru caminu pro fàcher’ prus in presse, e intantu pessabat cuntentu a tottu sos imperjos chi li podiat cumandare a sa pitzinna: “a cuchinare, a fàcher’ sos lettos, a fàcher’ a mandicare, a andare a batire s’aba…no, cussu nono, e si si-che fughit? E belledda at a èssere? Non bi l’apo pompiada bene…” e pessande gai li benit sa gana de bìere coment’est.
S’arressat in-d-unu cuzzone e aperit su saccu: de repente su cane si-ch’isorbet e li sartiat assupra – li dat una mossa a cara e lu lassat gai, chin su nasu pèndula pèndula, pranghende a suppeddu, oi oi oi oi!




“Torrau bi ses? Gai imparas!” Li naran sos prades de su cumbentu cando ghirat tottu pistu dae un’àtera die de malas trassas.

Illustratzione de Pikerart

martedì 15 aprile 2008

Requiem per la Sinistra

Infine se n’è andata.
Non ci si crede mai fino alla fine che possa accadere, si spera sempre in un miracolo, anche nella situazione disperata come quella in cui ha vissuto i suoi ultimi anni/mesi/giorni…

In realtà, a volerlo ammettere fino in fondo, è stato meglio così. Stava soffrendo troppo. Era una pena vederla ridotta all’ombra di se stessa, senza più quell’energia, quella lucidità, quella fantasia, quel coraggio.

Sono strani i funerali. Anche quelli delle persone a te più care. Hanno qualcosa di estremamente consolatorio, quasi di piacevole. Tutto quel raccoglimento, quel silenzio ovattato di affetti e di sguardi comprensivi, i ricordi che si accavallano tutti assieme e quel dolore che è ancora troppo presto per sentirlo realmente. Che bel funerale…

Dopo tutto lo strepito, le urla disumane, l’affannarsi pietoso e la volgarità della disperazione.
Finalmente, il silenzio.

Per un po’sarà bene non pensarci.
Vi prego, chiedo silenzio.

PIDO SILENCIO

AHORA me dejen tranquilo.
Ahora se acostumbren sin mí.
Yo voy a cerrar los ojos
[…]
Amigos, eso es cuanto quiero.
Es casi nada y casi todo.
Ahora si quieren se vayan.
He vivido tanto que un día
tendrán que olvidarme por fuerza,
borrándome de la pizarra:
mi corazón fue interminable.

Pero porque pido silencio
no crean que voy a morirme:
me pasa todo lo contrario:
sucede que voy a vivirme.
[…]

Pablo Neruda – (Estravagario, 1958)

lunedì 14 aprile 2008

Il mio studente preferito

Giusto perché vi facciate un'idea :



questo è lo studente dei miei sogni...

(Da: La figlia di un soldato non piange mai - James Ivory, GB 1998)

domenica 13 aprile 2008

Voglio cominciare così:

Ho attraversato i continenti
Per vedere il più alto dei mondi
Ho speso una fortuna
Per navigare sui sette mari
E non avevo avuto il tempo di notare
A due passi dalla porta di casa
Una goccia di rugiada su un filo d’erba

(Rabindranath Tagore, scrittore, poeta, drammaturgo e filosofo indiano)